Naxos Volume II

Scrivo queste righe mentre l'appennino centrale è battuto da collerici nubifragi agostani, e la nostalgia della vacanza si fa ancora più canaglia.

Siamo stati a Naxos nel 2018, e da allora l'idea di ritornarci è stata un sottofondo persistente, fino a concretizzarsi in questo luglio finalmente post-pandemico.

Il viaggio da Roma è sempre una mezza odissea, partiamo alle 00.35 e atterriamo a Santorini in piena notte, veniamo spennati dal solito taxi che in piena notte si mangia i tornanti che conducono al porto. Consumiamo l'attesa del traghetto delle 06.35 all'interno del piccolo terminal, fuori la temperatura è rigida, proviamo a dormire buttati sui durissimi sedili ma è praticamente una chimera.

Non riusciamo a metterci all'aperto nemmeno sul traghettone Blue Star, e infatti quando sbarchiamo a Naxos è praticamente inverno, il cielo è grigio e il meltemi è incazzatissimo. Non male come inizio vacanza. Ci dirigiamo a piedi nel cuore del quartiere Grotta, dove soggiorneremo presso lo splendido Jardin de Castillo. Nell'attesa del check-in facciamo un giro, è domenica e infatti la gente è vestita a puntino, in lontananza sentiamo i canti riecheggiare da una chiesa ortodossa, rispettosamente mi affaccio per ammirarne l'interno, ma non tutto può essere ridotto a un'esperienza turistica e quindi abbandono l'idea di fare qualche foto. Il quartiere si trova tra il lungoporto e la Chora, incontriamo tanti local e pochi studios e hotel, ma anche tante case in ristrutturazione, segno che l'ondata turistica a breve arriverà anche qui. Torniamo al giardino degli studios dove la signora che abita lì mi offre un estratto freddo fatto con le ciliegie dell'orto. La "filostenia" qui non è di facciata, e infatti nei giorni successivi la signora ci rifornirà anche di deliziosi datterini, ma soprattutto sempre di un saluto e di un sorriso.

casa

Nel frattempo si sono fatte le 13 e finalmente il cielo si apre, i nuvoloni vengono spazzati via per fare spazio a un sole cocente, prendiamo il quad già noleggiato dall'Italia e andiamo alla spiaggia di Agia Anna. L'arenile è abbastanza stretto ed è tutto un susseguirsi di ombrelloni e sdraio. Siamo stremati, ci spalmiamo sui lettini e alterniamo microsonni e bagni, anche se il mare non è un granchè per gli standard locali. Non amo particolarmente questa spiaggia, c'è poco spazio, c'è anche uno stabilimento grezzissimo dove già dalle 16 viene pompata musica discutibile. Per cena scegliamo Ammos, sul lungoporto, del quale ricorderemo solamente delle deliziose bruschette con alici e pomodorini. La stanchezza del viaggio bussa forte e basta un bicchiere di bianchetto per mandarci nell'iperuranio. Buonanotte.

Il secondo giorno siamo ovviamente a tremila, la dormita ci ha rimesso in piedi e sfrecciamo verso il promontorio di Mikri Vigla. Sul quad mangiamo letteralmente una quintalata di polvere, ma ne vale la pena perchè quando arriviamo c'è il paradiso che sognavamo. 

La sabbia chiara è bella granulosa, il vento ci accarezza e non ci fa sudare, il mare è una tavola che si fonde con il cielo, l'acqua è fredda come piace a me. Dopo il pranzo alla taverna sotto il promontorio ci incamminiamo sulla selvaggia spiaggia di Kastraki, non c'è un ombrellone, il meltemi soffia impetuoso per la gioia dei tanti surfisti che cavalcano questo mare stupendo. Tutto sa di libertà, la Naxos che abbiamo tanto amato è qui.


Prima di immergerci nei vicoli della Chora ci facciamo una birretta al Riviera, locale con balconata fronte Portara, mentre per la cena scegliamo Vassilis, già testato con sommo gaudio nel 2018, dove riproverò il favoloso stoufado di agnello.

Riviera non romagnola

Ci perdiamo nella Chora, tanti angoli ce li ricordiamo, la salita verso il kastro è direttamente proporzionale al diminuire dei turisti, scompaiono i negozietti turistici in favore di localetti scalcagnati dove si suona musica dal vivo. E' molto bello.

Il giorno successivo tocca ad Agios Prokopios, altro grande classico della vita da spiaggia naxiota. Per arrivare costeggiamo una grande salina rossa, ma rossa davvero. Il mare di Prokopio è meraviglioso, anche qui la palette copre tutti i blu possibili e immaginabili, è un tonico per gli occhi. Prendiamo il solito ombrelloncino, la presenza di italiani è palpabile, a quanto pare hanno aperto una specie di villaggio turistico in zona, il principale argomento di discussione è il reddito di cittadinanza. Insomma non è proprio il massimo, ma davanti a cotanta bellezza siamo comunque estremamente rilassati.

mare da amare

Ce ne andiamo dunque sul lungoporto verso l'ora del tramonto, troviamo un locale specializzato in kitron, compro anche qualche bottiglietta da riportare in Italia, per scaldarmi durante il lungo inverno. A quest'ora la vita sembra rallentare, il mare è una tavola che si confonde con un cielo color indaco, è la quiete prima di una tempesta che non ci sarà mai. Per cena giriamo senza meta tra i tavolini seminati ovunque nella Chora, ci divertiamo a guardare inglesi e americani pasteggiare a fritture di gamberetti e cappuccini. Alla fine scegliamo il To Typografio, più per inerzia che per convinzione, sembra un posto che vuole darsi un tono diverso dalle classiche taverne, e infatti alla fine si rivelerà il cibo più scialbo di tutta la vacanza. Le nostre sere a Naxos sono tutte uguali, giriamo come trottole stordite dal vino e dall'ouzo, cotti dal sole e scolpiti dal meltemi, ficchiamo il naso nelle varie chincaglierie dei negozietti, esploriamo ogni angolo possibile, facciamo un milione di foto, e tutto questo ci piace da morire.

Il giorno dopo il programma prevede un'escursione a Koufonissi, minuscolo paradiso a un'ora e mezzo di aliscafo da Nasso, ex avamposto di veri esploratori, oggi sputtanatissimo rifugio di ricchi turisti europei, ma non per questo meno adorabile. Sbarchiamo quindi nel lillipuzziano porto dell'isola e in pochi passi siamo nella famosa spiaggia "cittadina" di Ammos. L'arenile è già discretamente affollato per essere le 11 di mattina, il mare è una roba che fa paura per quanto è bello, trasparenze allo stato puro. Le poche case che circondano la spiaggia rappresentano la Chora dell'isola, qui sembra tutto nuovo, tutto appena verniciato del bianco e del blu cicladico, ci sono anche parecchi fuoristrada che fanno avanti e indietro per quella che scopriremo essere l'unica strada isolana. La sensazione è straniante, il posto è meraviglioso ma si vede che sta mutando, la trasformazione in una Formentera fuori mano sembra solo questione di tempo. Insomma, bisognerà costruire una macchina del tempo, perchè posso solo immaginare quale immensa goduria per l'anima poteva essere godersi questa spiaggia, queste quattro casupole, questa panchina a picco sul mare, fino a una ventina di anni fa.

Prendiamo il taxi boat e scendiamo solo all'ultima fermata: Pori, lontani da tutto. Onestamente nessuna parola può descrivere accuratamente la bellezza del paesaggio che ci si pone violentemente dinanzi. C'è una distesa immensa di rocce e terra arsa dal sole, quasi rossa, che costeggia un mare allucinante, di tutti i blu che Madre Natura ci ha concesso, sembra di stare nel deserto, è questo il contrasto di colori che mi fa amare l'arcipelago cicladico più di ogni altro posto. 

contrasti

La spiaggia è una sottile mezzaluna, ahimè piena di sassi appuntiti e cattivissimi, c'è relativamente poca gente, il meltemi qui esplode in tutta la sua potenza e rende i bagni alquanto avventurosi. Ma che meraviglia, che colori. Pranziamo con un club sandwich alla taverna sopra la spiaggia, a picco su questo luogo fantastico, fuori dal tempo e dallo spazio, il mio sguardo si perde sui surfisti che letteralmente volano su questa piscina naturale. Un giorno troverò il coraggio.

Sempre con il taxi boat sbarchiamo alla spiaggia di Italida, nulla di estremo come Pori ma un mare da bere, calmo e persino caldo. C'è un grande affollamento, tantissimi bambini urlanti e tende gigantesche, casse che pompano musica, insomma poca atmosfera ma porca miseria che goduria, non si vorrebbe mai uscire da questo mare incredibile, di fronte svetta l'altra Koufonissia.


Purtroppo però alle 18 dobbiamo ripartire, arriviamo giusto in tempo al porto e ce ne torniamo nella nostra placida Naxos, con la consapevolezza che toccherà tornare un giorno pure a Koufonissi, magari per 3-4 giorni, magari in bassa stagione. Inforchiamo il quad e voliamo verso la Plaka, vogliamo rivedere le dune di sabbia di Maragas che tanto ci fecero innamorare 4 anni fa. E' tardi, oggi abbiamo fatto il pieno di mare, e ci sediamo al Plaka Watersports, delizioso localetto sullo sterrato che fronteggia la spiaggia. La luce è meravigliosa, la Mythos scende giù che è una favola, che relax, che silenzio, c'è davvero pochissima gente qui, mi sembra di aver trovato l'essenza di questa isola che amiamo ogni giorno di più.

good vibes

A cena siamo abbastanza cotti, stasera fa anche discretamente fresco, mancano all'appello 3-4 gradi, decidiamo di andare sul sicuro e scegliamo il To Doukato, già meta della nostra prima cena in assoluto sull'isola. Prendiamo il famoso souvlaki della taverna, e posso solo dire che averlo assaggiato solamente dopo quasi 35 anni di vita e tanti viaggi in Grecia mi fa sentire un cretino. Porzioni vichinghe, patate locali in abbondanza, voto 10, lode e bacio accademico.

Il giorno successivo siamo in pieno mood relax, zero voglia di avventura, di esplorazione, torniamo così ad Agios Prokopios, sempre garanzia di successo. C'è poco da dire, il mare è unico, tra un bagno e un altro facciamo passare la giornata, decidiamo di mangiare un'insalata alla taverna Avali, che domina la spiaggia dal promontorio. Mai scelta fu più azzeccata, oltre al cibo ottimo ci riempiamo gli occhi dello scenografico panorama che ci circonda, è altro balsamo per l'anima. 

pranzato in posti peggiori

La portara al tramonto è sempre uno spettacolo, la solita fiumana di gente forse ne intacca l'atmosfera, ma ne vale sempre la pena. 

Per cena vogliamo andare sul sicurissimo e scegliamo quindi Meze 2. Sul lungoporto troviamo una folla mai vista a queste latitudini, a malapena si riesce a camminare. Più tardi infatti ci passerà accanto la processione di San Nicodemo, patrono dell'isola, ci sono anche i fuochi d'artificio.


Sembra che tutti i naxioti si siano riversati nella Chora, l'atmosfera è un intreccio sensuale tra sacro e profano, tra la solennità della religione e l'estasi del cibo e delle bevute. Da Meze poi la goduria mangereccia è assicurata, le cozze saganaki parlano da sole, solite porzioni luculliane a prezzi onestissimi, yogurt offerto a fine pasto e ouzo a rallegrare ulteriormente.


Il giorno dopo andiamo ad esplorare un po' più a sud, precisamente la zona di Alyko. I 40 minuti sul quad scorrono veloci, il vento entra sotto il casco e gli occhiali da sole, decidiamo di seguire la traccia interna e infatti transitiamo per minuscoli paesini dismessi e qualche mulattiera, più ci si allontana dalla Chora e più l'isola cambia i connotati. Amo questo tratto di costa, l'asfalto si dirada per lasciare spazio a una terra color ocra scuro. Molliamo il quad nella zona dove si trovano i famosi murales, già visti e rivisti, e ci incamminiamo a piedi verso la spiaggia Mikro Alyko, serpeggiando tra sentieri scavati nelle dune di sabbia e arbusti di cedro. Nel nostro precedente viaggio a Naxos ci affannammo tantissimo per trovare questo piccolo paradiso, si trovava a stento qualche informazione su Internet, e infatti ci innamorammo di questa mezzaluna di sabbia sorvegliata a vista da una chiesetta bianca e blu, il massimo del clichè greco. Ma d'altra parte i clichè sono tali perchè funzionano. Eravamo pochi fortunati, una ventina forse, ci sembrava di custodire un piccolo segreto. Stavolta invece troviamo un bel po' di gente, tantissimi bambini urlanti, racchettoni, tende, dentro la minuscola chiesa hanno persino tappato la finestrella sul mare. In ogni caso è comunque tutto sostenibile, non c'è l'atmosfera che sognavamo ma la bellezza è intatta, l'acqua qui ha 107 diverse gradazioni di blu. Appoggiamo i nostri teli da mare sotto l'ombra dei cedri, dietro di noi c'è un simpatico signore naturista che ha montato nella foresta un vero e proprio campo base, c'è persino della frutta appesa. La giornata passa così, ci crogioliamo al sole tra un bagno e un altro, ci godiamo questo delizioso anfratto della natura, un po' ammaccato dalla quantità di esseri umani presenti ma sempre magico. 


Al ritorno seguiamo invece la linea della costa, risaliamo passando per uno sterrato che affianca  Glyfada e Kastraki, lunghissime spiagge semideserte, il mare e il vento la fanno da padroni, non ci sono ombrelloni o lettini, è una bella sensazione di serenità. Ci fermiamo alla taverna Paradiso, altro grande classico, c'è ovviamente tanta gente ma gustarsi il tramonto con i piedi dentro il mare è sempre cosa buona e giusta. 

adorabili clichè

E' la nostra ultima sera di vacanza a Naxos, e per cena scegliamo Lucullus, altra taverna "storica" incuneata tra i vicoletti della Chora. Qui gustiamo una immaginifica moussaka fatta al momento, tanto è vero che abbiamo dovuto aspettare 10 minuti per non ustionarci il palato. Ci intratteniamo a chiacchierare con la figlia del proprietario, una ragazza che ha studiato in Italia, la malinconia comincia a salire prepotentemente, non si vorrebbe mai andare via da posti così. Dopo cena girovaghiamo senza meta, vorremmo calpestare ogni angolo, imprimere più ricordi possibili nella nostra mente. Abbiamo ritrovato un'isola certamente aggredita dal turismo di massa, ma che per le proprie caratteristiche resterà sempre vivibile. Le spiagge sono ampie, accolgono tutti, sia chi vuole lo stabilimento con tutti i comodi sia chi necessita solo di un po' di sabbia dove buttare il telo. E poi basta scendere a Kastraki, Glyfada e giù verso il sud per avere pace e serenità. Un'isola pastorale, agricola, con una Chora che ti seduce con i suoi vicoli che non finiscono mai, carichi di storia ma anche di modernità, tracce della dominazione veneziana diluite da chincaglieria cinese. Un'isola dove si mangia bene, patate e pomodori di dimensioni bibliche, un'isola che è solo da tornarci.

La mattina successiva raccogliamo le nostre cose e, prima di andare al porto, ci salutiamo affettuosamente con i proprietari degli studios, la loro cordialità e la loro educazione sembrano spuntati fuori direttamente dalla terra di Naxos. 

Sbarchiamo quindi a Santorini verso l'ora di pranzo, il porto è il solito girone dantesco: 60 gradi percepiti, non un alito di vento, una fiumana di gente che grida. Insomma, dopo una settimana così ci sembra di essere stati infilati in una grande centrifuga. Con difficoltà troviamo il transfer che ci porterà ad Oia, nel nostro minuscolo appartamento all'ingresso del paesino. Il tempo di sistemarci e usciamo subito in esplorazione, pensavamo che Thira fosse un manicomio ma qui si esagera. Esseri umani accalcati gli uni sugli altri, tutti in cerca di uno scorcio da fotografare, è pieno di personaggi strambi e abbigliamento di dubbio gusto. Certo qui la natura e l'uomo hanno disegnato scenari indimenticabili, i cancelletti sospesi tra il cielo e il mare sono bellissimi, il tramonto è un delirio ma poco ci importa. A cena siamo cotti dalla stanchezza, ci manca Naxos, mangiamo male in una delle tante taverne tutte uguali e poi giriamo un po' per Oia, ci divertiamo ad osservare le piscine illuminate e il lusso un po' pacchiano degli hotel scavati nella caldera e della gente che gira per le strade.




Il tempo di una breve dormita e ci imbarchiamo sul volo che ci riporta in Italia, pieni di malinconia e di gratitudine.

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